Il libro narra la storia
di Henry Lee, un ragazzino cinese che vive a Seattle, nel periodo
della seconda guerra mondiale. Dopo l'attentato di Pearl Harbor i
Giapponesi sono divenuti spietati nemici sanguinari e la loro
presenza nel territorio americano non è vista di buon occhio.
A causa dei tratti somatici e del colore della pelle, Henry subisce ogni giorno violenze ed insulti dai compagni di scuola, plagiati dai discorsi razzisti degli adulti che li educano.
A causa dei tratti somatici e del colore della pelle, Henry subisce ogni giorno violenze ed insulti dai compagni di scuola, plagiati dai discorsi razzisti degli adulti che li educano.
Il padre di Henry
impone al figlio di portare sempre sulla giacca il distintivo con la
scritta: “Io sono cinese”, affinché non venga confuso con i
giapponesi e si integri totalmente con la mentalità e le abitudini
del popolo americano.
Henry, sempre in tacito
contrasto con i pensieri paterni, non si oppone, ma nutre
costantemente dentro di sé i semi della ribellione.
Un giorno Henry
incontra due occhi simili ai suoi: Keiko, “capelli neri e frangetta
sbarazzina, l'aria timida e smarrita”, ma lei è giapponese.
Tra i due nasce subito
una profonda amicizia, generata dal sopportare costantemente i
soprusi dei coetanei razzisti, ma col tempo il loro legame si
trasforma in qualcosa di più profondo: un amore puro e spontaneo,
innocente e spensierato, un amore del tutto impossibile. Questo
renderà suo padre ancora più ostinato, ma Henry troverà sempre il
modo per star vicino ed aiutare Keiko.
Dopo quarant'anni viene
riaperto l'hotel Panama, chiuso dagli anni della guerra. Nei suoi
scantinati si trovano ancora conservati intatti tutti gli oggetti che
i giapponesi hanno cercato di salvare dopo essere stati obbligati ad
abbandonare le loro case del quartiere di Nihonmachi.
“Nella cantina
dell'hotel Panama il tempo pare essersi fermato: sono passati
quarant'anni, ma tutto è rimasto come allora. Nonostante sia coperto
di polvere, l'ombrellino di bambù brilla ancora, rosso e bianco, con
il disegno di un pesce arancione. A Henry Lee basta vederlo aperto
per ritrovarsi di nuovo negli anni Quaranta.” [cit. dalla seconda
di copertina]
Nella narrazione si
alternano il tempo passato e quello presente in cui Henry rievoca gli
avvenimenti e si rapporta con il figlio, cercando dentro di sé di
cancellare le tracce del suo carattere che assomigliano a quelle del
padre e costruendo via via un nuovo rapporto, fondato sulla fiducia e
la stima reciproca.
La storia è molto
emozionante e coinvolgente, ma, secondo me, il tratto saliente da
cogliere nel suo significato profondo è un fatto storico che non
viene mai evidenziato nei libri di storia: il popolo americano, che
nella nostra cultura viene sempre descritto come “portatore di
salvezza”, durante la seconda guerra mondiale ha operato alla
stregua del popolo tedesco. Forse non ha messo in atto stermini di
massa, ma comunque ha deportato, sradicandoli dalle loro case e dalla
loro vita, milioni di giapponesi. Penso che nella cultura europea,
non soltanto per questi fatti, ma per molti altri, bisognerebbe
rivedere la nostra opinione sul popolo americano che ci hanno
“costretto” ad adorare.
Il libro tratta con
toni molto delicati i temi dell'odio e del razzismo e con la stessa
delicatezza narra di amicizia e di amore, di fiducia e di speranza.
Sono bellissime le
figure di Henry e Keiko e l'amore che essi nutrono per la musica
jazz, che diviene la colonna sonora del libro.
Molto bella anche la
figura di Sheldon, l'artista di strada che suona le note del jazz col
suo sassofono, che rappresenterà per molti versi il padre che Henry
non ha mai avuto al suo fianco.
Luce